1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nata a Napoli, nel quartiere "bene" di Posillipo, da mamma nobile e papà contadino. Mio padre in realtà, laureato in fisica, possedeva un'intelligenza emotiva, per cui adorava la musica: ha imparato da solo a suonare la chitarra ed il violino, da solo ha imparato anche a praticare molti sport. Erano una coppia molto unita e felice. Nonostante la serenità della famiglia, io ero incline alla solitudine, all'introspezione, ed ero molto curiosa, in generale. A soli sette anni, mentre i miei coetanei giocavano a palla e nascondino, io stavo a casa e scrivevo. Scrivevo di principesse, cavalieri, castelli incantati, streghe cattivissime, incantesimi, avventure di eroi ed eroine straordinarie. Mia nonna con la quale trascorrevo molto tempo libero esordiva col suo accento marchigiano" Nun ce è posso crede che l'hai scritte te!" e correva a prepararmi pan, olio e pomodoro una delizia naturale che purtroppo i bambini di oggi non conoscono, preferendo schifezze industriali dal sapore nauseante.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Direi che, come avviene con la lettura, non esiste un momento preciso . Al principio mi avvicino sospettosa alla tastiera, dopo, quando i personaggi prendono forma, cominciano ad agire, le loro gioie i loro dolori mi coinvolgono completamente. Divento loro prigioniera, e l'immersione è quasi totale. Ho lavorato anche a teatro dove invece avviene il contrario, perché , in qualche modo, sei passiva, uno strumento che dà corpo e voce ad un personaggio, ma l'adesione è ugualmente totale... Ti accade poi di rifiutare di vedere porcherie in tv, di frequentare solo gente dell'ambiente, e soprattutto repelli la banalità. Scrivendo sei solo, ma sei il creatore della realtà che ti circonda… E' comunque un'esperienza straordinaria!